Se siete curiose di sapere cosa significa il Natale per le cinque autrici di Buon Natale Rosa Shokking… ecco per voi una mini intervista a tutte loro
Intervista alle autrici di Buon Natale rosa shokking.
Abbiamo riso, investigato, ci siamo rattristate… e tutto leggendo un solo libro. Ogni racconto è una identità a se stante, ma hanno una cosa in comune: il Natale. Ma cosa rappresenta questo giorno per le autrici dei racconti?
Federica Brunini – L’amore è un guinzaglio rosso
– Cosa rappresenta per te il Natale e come mai hai scelto Alessia come protagonista del tuo racconto, disillusa dalla vita ma soprattutto dal Natale?
– Natale per me è una festa ambivalente… Ognuno di noi ha in testa come dovrebbe essere ma la realtà non raggiunge mai le aspettative… e spesso il 25 dicembre è una tra le giornate più tristi e deludenti dell’anno. Lascia spesso con l’amaro in bocca, nonostante i chili di dolci e di panettone 😉
Alessia rappresenta per me questa consapevolezza, il fatto di sapere che Natale rischia di trasformarsi in una farsa, quando il cuore non festeggia. Ti riporto una parte del racconto esemplificativa: “Poi via, aveva imboccato l’autostrada che l’avrebbe liberata dalla farsa natalizia di auguri, cenoni e pranzi in cui sforzarsi di sorridere a tutti e da quei tutti ricevere altrettanti sorrisi. Sì, detestava il Natale. Era più sincero il Carnevale con tutte le sue maschere, si disse. Ne avrebbe indossata volentieri una per saltare dentro un’altra vita: la sua non era decisamente quella che aveva previsto né tanto meno quella che aveva desiderato”.
Personalmente il mio Natale ideale è in spiaggia e in costume da bagno, possibilmente a Bondi Beach (in Australia), con il mio compagno e tanti amici intorno!
Elisabetta Cametti – Natale d’asfalto
– Elisabetta, ci racconti in poche righe chi è Veronika e cosa rappresenta per lei il Natale?
– Veronika è una street photographer neworkese di grande fama. Con le sue foto di senzatetto e persone confinate ai margini della società denuncia al mondo la miseria che si consuma ogni giorno sui marciapiedi delle metropoli. La critica la chiama “Occhi d’asfalto” e i suoi scatti dominano i quotidiani, invadono la rete, riscuotendo milioni di visualizzazioni e decine di migliaia di tweet all’ora.
Eppure Veronika non è interessata al successo. Il suo scopo è documentare le leggi spietate della vita e la solitudine più amara. Per lei il Natale è il giorno migliore per sensibilizzare l’opinione pubblica.
Ma questo dicembre sarà diverso, speciale: Veronika si renderà conto che i senzatetto non sono solo facce da mostrare per passare un messaggio. Scoprirà che dietro a quelle facce si nascondono animi sensibili, e che il loro sorriso può trasformarsi in un raggio di luce e dare un senso più profondo al Natale… anche al suo Natale.
Tiziana Merani – Natale a sorpresa
– Tiziana, la “grande casa dei nonni” cosa rappresenta per la protagonista? Cosa rappresenta per te il Natale?
– Non mi ero posta la domanda su cosa rappresentasse la casa per la protagonista. Credo sia semplicemente un luogo dove stare contemporaneamente con tutte – o quasi – le persone a lei care. La casa si trova in un’area pregevole, paesaggisticamente parlando, ed un po’ appartata rispetto al centro. Permette allo spirito di ricrearsi, di schivare un pochino la folla e di condividere bei momenti di amore e quiete…
Ma è anche un luogo dove possono accadere cose inattese, una sorpresa, quindi…
Rispetto a quello che rappresenta per me il Natale, invece, ti rispondo che è una festa che mi piace molto. Da bambina era assolutamente magica l’idea che qualcuno, Gesù Bambino o Babbo Natale, avrebbe fatto apparire pacchetti sotto l’albero di tutti i bambini del mondo… Mia madre faceva un grande presepe e mio padre portava a casa l’abete, che essendo rigorosamente vero, era sempre un po’ sghembo. Appendevamo palline sfavillanti e ogni anno se ne rompevano un paio. In casa c’era odore di bosco e i panettoni allineati a bottiglie di spumante e torroni, attendevano pazientemente il 25 dicembre…
Nadia Morbelli – Gli smeraldi della baronessa di Montmorecy (il primo caso di Nadine Morbeille)
– Nadine Morbeille, una nuova investigatrice… cosa ci riserva per il futuro questo tuo nuovo personaggio? Come è nata la tua passione per i gialli?
– Credo che Nadine Morbeille avrà un futuro, senz’altro…
Innanzitutto perché mi è piaciuto tratteggiare un personaggio femminile autonomo, intraprendente, ‘moderno’, che vive all’interno di un’epoca in cui l’emancipazione della donna era ancora agli albori.
Poi perché mi permette di aggiungere alla mia tecnica di scrittura la ‘cifra’ della parodia, anzi, dell’autoparodia, facendo il verso ad alcune componenti essenziali del ‘genere’ giallo-rosa, dei suoi protagonisti, delle vicende che vi si mettono in scena, smascherare, per così, dire, la loro natura ‘convenzionale’.
La mia passione per i gialli è nata dalla mia curiosità per gli enigmi, innanzitutto.
Ma ancor più dalla mia convinzione che le cose non siano in realtà mai del tutto come ci appaiono, o come – più spesso – ce le fanno apparire.
Infine dalla mia innata predisposizione per la logica, per la concatenazione dei rapporti causa-effetto: in questo senso la Nadia Morbelli, e Nadine, suo alter ego della belle epoque, possono dirsi a tutti gli effetti animate da uno spirito kantiano.
Simona Toma – La notte in cui ho ricominciato a credere a Babbo Natale
– Simona, dallo stile del tuo racconto mi viene da pensare che per te il Natale ha più una sfaccettatura romantica. è cosi? Come è stato il tuo processo creativo nello scrivere questo racconto?
– Il Natale ha, per me, una sfaccettatura non solo rosa ma addirittura rosa shocking!
È chiassoso, eccessivo e un po’ maleducato, fonte primaria di stress e paturnie per l’80% della popolazione mondiale, divide l’opinione pubblica, è controverso e roboante e arriva senza chiedere il permesso, sempre e comunque, senza che nessuno possa farci niente.
E cosa mi ricorda?
Mi ricorda proprio l’amore che, alla fine, arriva sempre nonostante tutto e tutti e scombina sempre tutto.
Da qui, mi piaceva costruire una storia in cui viaggiassero in parallelo il primo e l’ultimo uomo che hanno causato un dolore alla mia protagonista e quindi Babbo Natale e il suo ex fidanzato.
E mi piaceva il fatto che, alla fine, l’amore ritorni indossando esattamente i panni di colui che, per primo da bambina, le ha spezzato il cuore.
Era da parecchio che volevo ficcare Babbo Natale in una delle mie storie e, dal momento che di amore scrivo sempre e comunque, è stato naturale far ritrovare le due cose insieme.
All’inizio, avevo tre elementi in mano: Valeria, la madre e il sogno in cui il grande amore viene rapito (che poi ho regalato alla coinquilina di Valeria).
Da qui, mi sono guardata intorno e ho visto l’appartamento che a Milano condivido con la mia amica Josefine e la storia ha cominciato a crescere.
Poi, mi serviva un eroe davvero romantico e magico che sbriciolasse la corazza della mia protagonista e così ho chiamato in mio aiuto Babbo Natale.
Ma, detto questo, sono in realtà molto meno organizzata e tecnica di come queste parole possano farmi sembrare perché, fondamentalmente, io stessa nelle storie mi ci butto a capofitto e sono i personaggi che vanno qua e là… Come se, per rimanere in tema, la scrittura fosse la slitta di Babbo Natale, i personaggi le renne che la trainano e io un povero Babbo Natale infreddolito che cerca di governare il tutto, sognando i biscotti che i bambini hanno lasciato per lui accanto al camino!