Francesca Baldacci. L’intervista

Francesca Baldacci

Come e perché hai deciso di scrivere questo libro? Cosa ti ha ispirata?

Dal momento che ho sempre amato il film “Colazione da Tiffany”, mi incuriosivano i vari romanzi che recavano il nome “Tiffany” nel titolo, e con un’accattivante cover che ricordava la celeberrima pellicola. Poi però scoprivo che in realtà qui del film non si parlava affatto. Io invece ho voluto scrivere qualcosa che fosse un omaggio a un mito intramontabile. Il “Tiffany” del mio titolo infatti non è la gioielleria, ma un albergo che le loro proprietarie, nonché zie della protagonista, Angy, hanno chiamato così proprio per omaggiare il film.

 

Quanto tempo hai passato a scrivere il romanzo? A quali difficoltà sei andata incontro?

La prima stesura del romanzo, che ho scritto d’impulso, è durata un mese. Poi l’ho rivisto molte volte prima di pubblicarlo in e-book, seguendo anche i consigli di un’amica e collega preziosissima, che fra l’altro mi ha ispirato il personaggio dell’amica di Angy, Laura. In seguito c’è stato il contatto con la casa editrice, Sperling & Kupfer, interessata al romanzo. Le difficoltà sono sorte quando ho dovuto ampliarlo: ma le linee guida dettatemi dalle mie fantastiche editor, Valentina Rossi e Giulia De Biase, mi trovavano perfettamente d’accordo. Tuttavia temevo che il lavoro di “taglia-e-cuci” potesse appesantire la storia. Per evitare tutto questo ho dovuto ritornarci sopra più volte, in tempi diversi, per lasciar decantare il lavoro.

 

Come evolve il personaggio di Angy?

Angy è un personaggio molto particolare che non perde mai di vista se stessa. Ha il dente avvelenato con l’ex fidanzato, Marco, che l’ha lasciata per un’altra: e dopo essersi vendicata a modo suo, decide di voltare pagina. Vorrebbe rimanere in stand-by con amore & sentimenti, tutt’al più vivere una storia senza impegno, ma la vita riserva sempre sorprese, specie se in un clima stuzzicante come quello, estivo, del mare. Dunque i suoi propositi sono destinati a rimanere inattuati. Anzi: i nuovi incontri la destabilizzeranno, creandole ulteriore confusione, tutta… di cuore.

 

Cosa rappresentano Renato e Giulio nel romanzo e per la protagonista? Come evolve la loro relazione?

Renato e Giulio sono due facce della stessa medaglia, quella della rinascita sentimentale della protagonista. Renato rappresenta la realtà, anche se una realtà scomoda, per certi versi; Giulio è il sogno, il mistero, l’amore romantico. Giulio corrisponde più ai canoni che Angy si è prefissata per la sua estate, Renato invece la contrasta, per questo lei lo sfugge, nonostante ne sia attratta. Man mano che il romanzo procede, però, i nodi si sciolgono. Quando c’è di mezzo l’amore, spesso la situazione può sfuggire di mano, non c’è nulla di prevedibile. E infatti l’evoluzione delle due storie dà soluzioni inimmaginabili.

Parlando di te:

Cosa significa per te essere scrittrice?

È un “modus vivendi”. Non ricordo il tempo in cui non scrivevo. L’ho sempre fatto. Da bambina, anziché giocare con le bambole, scrivevo storie, brevi racconti illustrati. Fa parte di me, come l’aria che respiro. Dai 21 anni in poi tutto questo si è trasformato per me in un lavoro vero e proprio, come una naturale evoluzione della mia vita. La mia professione mi ha sempre messo in gioco, rapportandomi volta per volta con redattori e direttori di riviste, e ultimamente proprio con case editrici. Alla Sperling & Kupfer mi sono trovata come in famiglia: oltre che professionalità, ho incontrato infatti grande disponibilità, premura, rispetto per il mio lavoro. In primis da parte della mia attuale editor, Lara Giorcelli, e poi tutto lo staff dell’ufficio stampa: persone veramente eccezionali.

 

Qual è la cosa migliore di essere una scrittrice? Qual è la peggiore?

La cosa migliore è quella di aver fatto di una passione un lavoro. Se lo svolgi con gioia e con entusiasmo, sei felice.

Il lato peggiore è che, lavorando a casa, non puoi mai tener conto delle ispirazioni. Io vengo continuamente interrotta, da marito e figli, per le più svariate situazioni. Dunque è ben lontano da me il modello del classico scrittore che scrive ininterrottamente per ore e ore, in preda al sacro fuoco. Più facile per un uomo che per una donna, e per di più madre di famiglia. Mi sarebbe impossibile. Devo dire che così facendo, però, mi sono abituata a spezzare e riprendere il filo del discorso con una certa disinvoltura ormai, forgiando me stessa e la mia professionalità.

 

Qualche consiglio per chi vorrebbe seguire il tuo esempio?

Primo, non arrendersi mai. Secondo, leggere tantissimo. Terzo, non lasciarsi incantare dalle facili promesse dei tanti corsi di scrittura creativa che nascono come funghi, ultimamente. In genere si tratta di grosse trappole mangiasoldi. Del tutto inutili, secondo il mio modesto parere.

 

Quali erano le sfide a cui sei andata incontro nel pubblicare il tuo libro? (in primis il romanzo è stato un’auto-pubblicazione, giusto?)

Mi sono lanciata nella mischia dell’auto-pubblicato, è vero. E “Vacanze da Tiffany” è stato un grande successo, per me del tutto inaspettato, anche se credevo moltissimo nella mia storia: ma non solo. Contavo sul fatto che i lettori considerassero anche il fatto che non ero una neofita, bensì un’autrice che aveva già alle spalle una folta carriera come scrittrice e giornalista, seppure nell’ombra. E le sfide sono state vinte…

 

Un progetto per il futuro

Ne ho più di uno in mente: per il momento mi godo il successo di “Vacanze da Tiffany”. Poi sottoporrò le mie nuove idee alla casa editrice. Altri romanzi, forse un sequel dello stesso Tiffany. Chissà! Tutto è ancora da giocare, per fortuna. Sentirsi ancora con un futuro tutto da scrivere – ed è il caso di dirlo – alla mia età, è una cosa bellissima. Mi sento una ragazzina.

 

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