Quasi arzilli di Simona Morani

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Titolo: Quasi arzilli

Autore: Simona Morani

Casa Editrice: Giunti

Anno di edizione: 2015

Pagine: 176

Prezzo: 12,00

Autore della recensione: Silvia Menini (tratta da MRS)

Un romanzo che racconta la lotta alla sopravvivenza (e alla libertà) di una banda di ultraottantenni. Ma non abbiate paura… non è un testo deprimente e noioso… tutt’altro. Simona Morani, seppur di giovane età, è riuscita a riprodurre su carta la vita della combricola dello storico bar La Rambla, situato in un paesello sull’Appennino emiliano, alle prese con disavventure esilaranti ma, allo stesso tempo, che fanno pensare. È un romanzo dolce-amaro, ricco di spunti divertenti, che affronta con occhio critico le problematiche legate alla vecchiaia. Eh sì, perché nonostante i protagonisti siano un po’ in là con l’età, il romanzo è di una vitalità a dir poco travolgente, una ventata di allegria anche nell’attesa della morte, che potrebbe nel loro caso essere dietro l’angolo. Dopotutto il racconto inizia con la dipartita di un membro del clan: Ermenegildo, seguito dalla Iole, e sono tutti in attesa di sapere chi sarà il prossimo. Ma si sa, il destino a volte gioca brutti scherzi… è proprio imprevedibile e si diverte a prendersi gioco di tutti i protagonisti. Ettore, che per colmare la solitudine, si fa trovare tutte le mattine in sala d’attesa del medico del paese, poi c’è Cesare il Sordo, Riccardo “Sacchetta” lo stomizzato, Basilio, comandante della ventiseiesima brigata partigiana Garibaldi e, per finire il cieco Gino detto “Apecar”, perché si ostina a guidarla anche se rischia ogni volta di provocare guai seri e di imbattersi nell’ira furente del vigile urbano Corrado, che gli da costantemente caccia.

Gino svoltò indisturbato verso il garage dietro al bar e s’infilò nella vecchia Ape verde acqua venata di ruggine. L’aveva comprata nell’inverno del 1994, dopo che quelli della motorizzazione, alla visita medica, gli avevano annunciato in via definitiva che era diventato un pericolo ambulante e che questa volta la patente non gliel’avrebbero rinnovata neanche a forza di mazzette, culatelli e forme di Parmigiano. All’alba successiva il Domenichini l’aveva trovato davanti alla cancellata del suo centro di rottamazione, ancorato al volante della Panda. “Senza patente la mia vita non ha senso. Rottamaci tutti e due” disse caustico Gino.

Ma Corrado non odia solo Gino… li considera tutti dei parassiti, refrattari a ogni legge costituita e tenta invano di coglierli sul fatto mentre fumano al bar o tengono comportamenti inappropriati. Però loro sono un passo avanti e ogni volta ne escono incolumi.

Ettore, poi, è il più confuso di tutti. Lui è rimasto proprio colpito dalla morte dell’amico Ermenegildo e non si dà pace nella speranza di capire cosa lo aspetta. Perché lo sa anche lui che non gli manca poi tanto per scoprirlo. E così passa dal medico al parroco, indagando sul significato della morte… e della vita. L’appoggio dagli amici non ce l’ha, perché, anziché supportarlo, lo prendono in giro. C’ha la fifarella dell’aldilà!? E poi perché comunque ninsun al sa a cosa andranno incontro. Per fortuna che a distrarlo arriva Teresa, una cara vecchietta svampita che è scappata dalla casa di riposo appena aperta in paese alla ricerca del suo gatto scomparso. Che fare ora… andarla a trovarla rischiando di subire da loro il lavaggio del cervello e venire così convinti a trasferirsi, oppure lasciare perdere?

Il nome “Villa dei Cipressi”, come dice Elvis, il proprietario del bar, è simbolico perché non è proprio il cipresso il simbolo della morte? L’ospizio ne è sicuramente l’anticamera… e allora perché qualcuno vorrebbe andarci a vivere quando invece può avere la libertà?

Un romanzo divertente, che non vi deluderà.

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Abbinamento vino (Sommelier Antonio Freda)

Entrando in una qualsiasi cantina, piccola o ben fornita che sia, una domanda curiosa che potreste porvi è: “quale sarà la prossima bottiglia che verrà stappata dal proprietario”? La risposta non è affatto scontata e non è detto che la bottiglia più anziana sia quella destinata a tirare le cuoia con più probabilità… In questa occasione il vino proposto è un riesling “quasi arzillo” del 1959, proposto in via eccezionale in una degustazione al Vinitaly di qualche anno fa: una delle migliori annate per questo vino, favorita dal modesto sviluppo di botrite. La produzione di vino in questa zona del Reno risale al tredicesimo secolo per opera dei monaci cistercensi, che ne fecero la fonte principale di reddito dell’abbazia di Eberbach: proprio questa abbazia, per il suo fascino, venne scelta per girare le scene interne del film Il nome della rosa.

 

Azienda: Kloster Eberbach

Vino: Steinberger Riesling Auslese

Denominazione: VDP – DIE PRÄDIKATSWEINGŰRTER

Vitigno: Riesling

Annata: 1959

Temperatura di servizio: 12°

Analisi visiva: giallo dorato, ancora luminoso nonostante l’età.

Analisi olfattiva: profumo intenso, con bouquet ampio di profumi e nessuna nota di ossidazione nonostante l’età. Si distinguono le note di fungo, burro, caramello e caffè.

Analisi gusto-olfattiva: asciutto in bocca e molto, molto persistente.

Abbinamento: posto che abbiate la fortuna di degustare una bottiglia di questa annata (il cui prezzo non dovrebbe essere inferiore ai 500 euro…), è un vino assolutamente da meditazione.

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